Anche se apparentemente i due termini possono assomigliarsi, in realtà il restauro conservativo è ben diverso dalla ristrutturazione edilizia. Per questo oggi vogliamo parlarvi delle differenze fra queste due tecniche.
Di base ciò che fa differire i due termini è la volontà di conservare dal punto di vista formale e funzionare l’immobile e questo è anche il principio espresso nella sentenza del Consiglio di Stato n. 3505 del 14/07/2015. In quel caso il Consiglio ha dichiarato che il restauro e il risanamento conservativo, è un’attività rivolta
“ … a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali (di esso) …,
Non vi è quindi manutenzione straordinaria e nemmeno risanamento, tecniche che presuppongono che lo stabile rimanga immutato, almeno nelle componenti strutturali e nella distribuzione interna della sua superficie.
Se guardiamo alla definizione, il restauro viene definito come un insieme sistematico di opere che vanno a rispettare gli elementi fondamentali dell’immobile e ne assicurano una destinazione d’uso compatibile.
Alla fine dei conti, la differenza fra il restauro conservativo e la ristrutturazione edilizia sta quindi nella conservazione formale e funzionale dello stabile. Il restauro la rispetta mentre la ristrutturazione può variarla.
Questa definizione può apparire scontata per molti, ma in realtà è ampia la confusione in merito. Si propongono anche e soprattutto diverse le tecniche da applicare, la progettazione richiesta e l’uso dei materiali, quindi si tratta di una differenza che ha dei notevoli riflessi pratici.
Chi desidera rivalutare il proprio immobile può quindi chiedere quale sia la strada giusta da percorrere, dal punto di vista strutturale, estetico e strettamente economico.
Anche se apparentemente i due termini possono assomigliarsi, in realtà il restauro conservativo è ben diverso dalla ristrutturazione edilizia. Per questo oggi vogliamo parlarvi delle differenze fra queste due tecniche.
Di base ciò che fa differire i due termini è la volontà di conservare dal punto di vista formale e funzionare l’immobile e questo è anche il principio espresso nella sentenza del Consiglio di Stato n. 3505 del 14/07/2015. In quel caso il Consiglio ha dichiarato che il restauro e il risanamento conservativo, è un’attività rivolta
“ … a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali (di esso) …,
Non vi è quindi manutenzione straordinaria e nemmeno risanamento, tecniche che presuppongono che lo stabile rimanga immutato, almeno nelle componenti strutturali e nella distribuzione interna della sua superficie.
Se guardiamo alla definizione, il restauro viene definito come un insieme sistematico di opere che vanno a rispettare gli elementi fondamentali dell’immobile e ne assicurano una destinazione d’uso compatibile.
Alla fine dei conti, la differenza fra il restauro conservativo e la ristrutturazione edilizia sta quindi nella conservazione formale e funzionale dello stabile. Il restauro la rispetta mentre la ristrutturazione può variarla.
Questa definizione può apparire scontata per molti, ma in realtà è ampia la confusione in merito. Si propongono anche e soprattutto diverse le tecniche da applicare, la progettazione richiesta e l’uso dei materiali, quindi si tratta di una differenza che ha dei notevoli riflessi pratici.
Chi desidera rivalutare il proprio immobile può quindi chiedere quale sia la strada giusta da percorrere, dal punto di vista strutturale, estetico e strettamente economico.